consapevolezza

Sembra quasi un titolo serio, e forse per una volta lo è… Nasce da una cassiera intelligente dove stavo pagando la spesa appena fatta.
Ovviamente, dati gli attuali quarti di luna, distanza di sicurezza, plexiglass a separare il punto più vicino tra noi ed entrambi mascherine, o meglio, lei mascherina e io scaldacollo da moto tirato fin sopra il naso. Finisco di caricare il carrello, pago e un istante prima di salutare, lei mi fa :”… forza, torneremo a vederci in faccia senza mascherina…”. Attimo di perplessità e riconosco la persona: una delle “amicizie di cane”, quelle nate in giro per il paese o per il parco. Poi continua: “.. sa cosa ho notato in questi giorni , guardando sopratutto gli occhi della gente? Un cambio totale di atteggiamento: adesso vedo la consapevolezza. Non c’è più quello sguardo sfuggente e seccato per gli obblighi imposti, ma un misto di attenzione, tristezza, a volte preoccupazione, ma mediata dal fatto di essere attenti a tutto quello che si fa…”
Ci siamo salutati con la promessa di rivederci a volto libero, e possibilmente libera anche la serenità che in questo momento è forse l’unica cosa che non c’è.
Teniamo duro tutti amici e amiche, teniamo duro…

DIFFICILE…

non è l’Egitto, è un tramonto sulla statale per Vimercate…

… Mantenere il sense of humor in questa situazione. E’ vero che c’è sempre un modo di vedere le cose che può far sorridere, magari con un retrogusto amarognolo, ma sempre sorriso è, però qui e ora è difficile. Più che altro perché non se ne vede la fine, o semplicemente l’inizio della discesa che non comincia, lo scollinamento. Come quando fai un sentiero in salita e questo non sembra terminare mai, come la volta della celebre (per chi c’è stato) salita in Egitto al Monte Sinai, a vedere l’alba… Ovviamente è un percorso che fai di notte con l’aiuto di torce di ogni genere, anche perché di giorno le temperature non lo consentono. Non che la notte la situazione sia migliore, nell’altro senso: il freddo qui è freddo vero e siccome tu, turista, vieni dalle spiagge del Mar Rosso, dove , se non ci fosse l’aiuto del vento saresti arrosto in pochi minuti, diciamo che lo senti , eccome.
Tornando al tema principale, lo scollinamento di questa epidemia non c’è ancora stato e sicuramente le diatribe politiche e non sul chi, sul come e su come venirne a capo, non aiutano il personale medico che sta cercando di aiutare chi si è ammalato. Voglio rimanerne fuori da questo tipo di polemiche, non aiutano e non portano da nessuna parte. Ci sarà tempo per andare a prendere per le orecchie chi l’ha fatta fuori dal vaso e chi si è messo di traverso: ora la cosa principale è venirne fuori e al più presto. Intanto, per chi sta dando retta alle indicazioni di starsene a casa ( per fortuna , la maggioranza), cerchiamo di dare un senso alla cosa. C’è chi riordina la casa, c’è chi riscopre il piacere di leggere, riordinare i miliardi di foto che grazie al digitale infestano ogni tipo di memoria, dai computers alle macchine fotografiche, agli smartphone, agli hard disk. Oppure aggiustare quella particolare cosa che avevamo lasciato da parte perché rotta, scrivere, disegnare, imbiancare casa, insomma, fare quello che si è rimandato con la scusa di “quando avrò un attimo di tempo…”. Beh, adesso quel tempo ce l’abbiamo, ne possiamo fare di cose… Alla peggio, dormire. Schiacciare un pisolino quando ci viene voglia di farlo, non abbiamo nessuno che ce lo impedisce, non è male e non fa male a nessuno. Poi chissà che al risveglio ci sia qualche buona notizia..

tu chiamale se vuoi…

pensieri e parole…

Tra uno scaldacollo da moto usato come mascherina e passeggiate col cane sempre più ridotte per mancanza di obiettivi ( i parchi sono chiusi), passano le giornate.
In attesa di non si sa cosa, mentre si sa quello che si spera: che le cose tornino con una sembianza di normalità, anche se tutti siamo sicuri che non saranno più come prima.
Non sarà come la fine della guerra, dove un documento chiude (almeno sulla carta) le violenze e gli scontri. Sarà una cosa progressiva, poco alla volta, senza quella sensazione che ti fa tirare il famoso sospiro di sollievo (senza la mascherina…) e con il rischio che finchè non ci sarà una cura, qualcuno infetto bussi alla porta.
Di sicuro, faremo scorta delle esperienze vissute: sapremo come ci si deve comportare, almeno chi ragiona lo farà. Per i fessi speriamo ci pensi il virus, magari in forma blanda, ma che gli faccia capire che nessuno è invulnerabile e che se ti dicono di startene a casa, forse è meglio farlo. Di sicuro stiamo imparando che veramente la propria libertà finisce dove comincia quella di chi ti è vicino e viceversa , e il rispetto diventa fondamentale in entrambe le direzioni. Stiamo imparando a organizzarci il tempo in casa, il cosa fare, l’apprezzare la compagnia da un lato e rispettare la solitudine dall’altro. Dopo questa solitudine imposta magari saremo più tolleranti in mezzo alla gente, sperando che questa abbia imparato a non esagerare…
Nel frattempo siamo ancora in mezzo a quest’epidemia, dove c’è gente che soffre ( e a volte muore…), dove c’è gente che si sbatte per curare chi è malato e dove chi nega l’evidenza se ne frega e continua a fare quello che vuole. Ma è storia vecchia, anche Manzoni nei suoi “Promessi Sposi” racconta di storie simili durante la peste e anche il Boccaccio nel Decameron, sempre in un’occasione simile, narra storie ambientate nel periodo. Si vede che le epidemie stimolano la creatività… Aspettiamo qualche opera omnia scritta in questo periodo, l’occasione è propizia. Covid Tales…

back to the past

Sto parlando (scrivendo) di un passato recente che parla di un passato lontano.
Come al solito se non complico le cose non sono contento… Spulciando i commenti di chi si è iscritto a questo blog, mi è capitato di rileggermi in un post che trattava di mio padre, mio papà (come si dice al nord) o il mio babbo (come si dice nella terra di origine della mia famiglia, la Toscana)… E il magone è spuntato come il virus di questi giorni.
Premessa: il post di cui sopra s’intitola “Aldì” , facendo il verso ad una canzone struggente che Fabio Concato aveva dedicato a suo padre “Gigì”.
Allora nasceva da un momento di riflessione e di malinconia per tutto quello che non avevo potuto condividere con mio padre Aldo, scomparso quando avevo 22 anni, giusto l’età in cui smetti di essere un bischero supponente convinto solo di te stesso e ricominci a capire che importanza hanno i tuoi genitori, per le cose che ti hanno insegnato e per quelle che ti hanno fatto capire che non era il caso di fare.
Adesso per esempio, in piena crisi sanitaria mondiale, loro che avevano passato momenti come la Seconda Guerra Mondiale: mio padre reduce dalla campagna di Russia con in regalo un congelamento della retina e molto vicino alla cecità e mia mamma infermiera negli ospedali militari con ricordi terribili ma un bagaglio di esperienze tali da riuscire a tirar su due figli ben dritti e onesti alla scomparsa del padre, ci avrebbero sicuramente indicato l’atteggiamento e la strada giusta. Cosa che spero di aver fatto con mia figlia…
Spero di aver capito, in quei purtroppo pochi anni condivisi, i messaggi di mio padre, fortunatamente rinforzati da quelli di una mamma inossidabile e che avrei voluto eterna, che comunque ci ha accompagnato fortunatamente per tanti anni. Mai abbastanza.
Ora spero che quello che ho sedimentato di questi insegnamenti, di essere riuscito a passarlo a mia figlia, continuando a raccontare l’importanza delle cose ed il modo giusto di viverlo ed affrontarlo…

in media stat virus

nei media stat virus

Non cercate un senso nel titolo perchè non ce l’ha. O meglio l’unico riferimento è relativo allo starsene (quasi) chiusi in casa per giorni e giorni.
Scrivo quasi perchè non essendo per ora viralizzato, l’uscire poco nasce dalle indicazioni ricevute e da una prudenza abbastanza ovvia e prevedibile. L’unica cosa è che in questo caso si subisce l’effetto “Grande Fratello”: stare in casa , se non sei costretto, è piacevole… Ma se quasi sei costretto diventa pesante.
Ti inventi cose, per passare il tempo, poi esaurite queste ti attacchi alla tastiera o al touch screen e smanetti, smanetti fino a quando finisce l’entusiasmo anche per quello e ti stiri sul divano davanti alla televisione.
E lì il crollo: o sei fortunato e ti piglia l’abbiocco e ti addormenti, o vai in crisi d’astinenza da sport o film… Eh sì, perchè una cosa è accendere la televisione ad una certa ora perchè sai che c’è quel programma o quella partita o film che ti interessa, o hai Sky o qualche rete on demand dove andare a ricuperare quello che ti interessa o ti metti a guardare cose che non t’immaginavi neanche che avessero il coraggio di mandare in onda. Rimbalzi poi sui tg che continuano a dare numeri di malati, più o meno numerosi e più o meno gravi e quasi rimpiangi le diatribe tra politici.
Poi vedi le loro facce e torni a preferire il virus, valutando che non ci sono poi tante differenze, anzi, potrebbe darsi che questo momento di “mal comune” non ci porti al celebrato “mezzo gaudio” ma per lo meno ci faccia capire che ci sono valori e storie più importante degli anti e degli antianti, i Matteo vs Matteo, i politici letteralmente “attak”kati alle poltrone che neanche il virus li stacca. Speriamo che questa reclusione casalinga ci faccia riordinare l’importanza delle cose e dei loro valori, nella realtà. In Media stat Virus.