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back to the past

Sto parlando (scrivendo) di un passato recente che parla di un passato lontano.
Come al solito se non complico le cose non sono contento… Spulciando i commenti di chi si è iscritto a questo blog, mi è capitato di rileggermi in un post che trattava di mio padre, mio papà (come si dice al nord) o il mio babbo (come si dice nella terra di origine della mia famiglia, la Toscana)… E il magone è spuntato come il virus di questi giorni.
Premessa: il post di cui sopra s’intitola “Aldì” , facendo il verso ad una canzone struggente che Fabio Concato aveva dedicato a suo padre “Gigì”.
Allora nasceva da un momento di riflessione e di malinconia per tutto quello che non avevo potuto condividere con mio padre Aldo, scomparso quando avevo 22 anni, giusto l’età in cui smetti di essere un bischero supponente convinto solo di te stesso e ricominci a capire che importanza hanno i tuoi genitori, per le cose che ti hanno insegnato e per quelle che ti hanno fatto capire che non era il caso di fare.
Adesso per esempio, in piena crisi sanitaria mondiale, loro che avevano passato momenti come la Seconda Guerra Mondiale: mio padre reduce dalla campagna di Russia con in regalo un congelamento della retina e molto vicino alla cecità e mia mamma infermiera negli ospedali militari con ricordi terribili ma un bagaglio di esperienze tali da riuscire a tirar su due figli ben dritti e onesti alla scomparsa del padre, ci avrebbero sicuramente indicato l’atteggiamento e la strada giusta. Cosa che spero di aver fatto con mia figlia…
Spero di aver capito, in quei purtroppo pochi anni condivisi, i messaggi di mio padre, fortunatamente rinforzati da quelli di una mamma inossidabile e che avrei voluto eterna, che comunque ci ha accompagnato fortunatamente per tanti anni. Mai abbastanza.
Ora spero che quello che ho sedimentato di questi insegnamenti, di essere riuscito a passarlo a mia figlia, continuando a raccontare l’importanza delle cose ed il modo giusto di viverlo ed affrontarlo…

facendo finta di niente

Giovanni Tranquillo Fercioni

8 dicembre, una data che per me, e per i Fercioni, intesa come famiglia, è particolarmente importante, anche se qualcuno di noi faceva finta di niente…
Mi riferisco a mio papà Aldo, che, un po’ per togliersi un anno e un po’ per festeggiare insieme ad un suo caro amico, spostava la data del compleanno al 10 gennaio. E fin qui, il perché del “fare finta di niente”…
Altri motivi per cui il sette e l’8 dicembre sono importanti? Intanto è Sant’Ambrogio, festa molto importante per chi sta come me e come una buona parte della mia famiglia, a Milano, e un po’ perché in questa occasione c’è la Prima della Scala.
Domanda inevitabile: questo cosa c’entra con la famiglia?
C’entra, c’entra! Perché c’è un grosso legame tra la famiglia Fercioni ed il teatro, in particolare del melodramma. Nonno Giovanni, innamorato sin dalla più giovane età del teatro non perdeva mai l’occasione di partecipare alle prime della Scala, un po’ per amore nei confronti della musica, del teatro ed in particolare di Puccini suo conterraneo, e un po’ per vedere nel parterre e nei palchi scaligeri quanti abiti dell’Atelier Fercioni venivano sfoggiati in quell’occasione. E normalmente erano tanti e quasi tutti modelli unici.
La vicinanza al teatro poi è continuata, così si può dire, con una parte acquisita della famiglia: infatti sua figlia Renata si sposò con Umberto Onorato, giornalista, critico teatrale, caricaturista e pittore di vaglia soprattutto dei grandi personaggi che calcavano i palcoscenici alla metà del secolo scorso.
Ma non finisce qui, i nipoti Gianmaurizio, e Gianluca (e in seguito anche la bisnipote Olivia) hanno studiato e lavorato in teatro (scenografia e costumi in particolare quelli teatrali) .
E adesso, come mai questo risveglio mnemonico dopo 63 anni di vita? Accendo la televisione all’ora di cena e vedo che stanno trasmettendo la Tosca, l’opera pucciniana che quest’anno apre la stagione della Scala. Resto colpito dal fascino di questa scena, anzi, di questa messa in scena particolarmente intelligente, bella e con dei contrasti e delle immagini particolarmente affascinanti. E da lì scatta la molla di scriverci, di raccontare questa piccola parte della mia, anzi, della nostra vita attraverso il teatro.
…E magari ne riparleremo, anzi ne riscriveremo in un altra occasione, sono tanti gli aneddoti da raccontare.

SLALOM SPECIALISSIMO

Compo Famiglia

E’ quello che si deve fare se si vuole evitare di cascare sui massimi sistemi o nelle massime banalità… Nei social da qualche tempo, a parte noi canisti e gattinisti, è quasi impossibile evitare polemiche se non serie di insulti più o meno gratuiti.
Io, nel mio blog, voglio trattare serenamente di mie considerazioni, spesso figlie di situazioni vissute o comunque di cose percepite. Non è detto che siano sempre argomenti facili o sereni… magari! Vorrebbe dire aver vissuto una vita senza alcun spigolo o difficoltà e non penso che esista qualcuno in queste (perfette) situazioni.
Infatti sto cercando di evitare un argomento che mi ronza da qualche giorno nella testa ma non c’è verso di scrollarmelo di dosso: la scomparsa di una persona cara nella vita di ognuno noi.
Mi continua a tornare in mente un pò perchè un mio collega che ha avuto la fortuna di avere entrambi i genitori insieme sino ad un’età dignitosamente avanzata ha perso la madre in un modo inaspettato e violento. Dall’altra parte ci sono io che mio padre l’ho perso quando avevo 22 anni, in quel momento in cui stai uscendo da quel periodo in cui i genitori sembrano un impiccio e tornano ad essere fonte di supporto e consigli. Ed ho visto lo stesso modo di reagire, di affrontare “l’elaborazione del lutto” come si dice adesso… Entrambi facendo un lavoro in cui devi mostrarti ed essere comunicativo, simpatico e apparire sereno. Lui in televisione, io in radio.
Io allora avevo un immagine di simpatico cialtrone, uno di quelli che dalla mattina presto intrattengono e cercano di svegliare le persone in modo che il resto della giornata ( o almeno la prima parte) sia affrontata con il sorriso sulle labbra. Vi lascio facilmente immaginare di quanto sia stato difficile riprendere il lavoro dietro al microfono, eppure, nonostante mi avessero detto di prendermi il tempo che ritenevo necessario, dopo due giorni ero lì a chiacchierare amenamente con il pubblico. Perchè? Perchè quello era l’unico modo di tenere occupata la mente, non pensare al fatto che tornando a casa l’avrei trovata più vuota, ed anche questo mio collega, ha fatto lo stesso. L’età non importa, un pezzo di anima si perde in quel momento e in quel caso bisogna essere tutti Amatore Sciesa .
Tirém Innanz…

ALDì

Qualcosa in comune?

Nel 1990 Fabio Concato pubblicò una canzone dedicata a suo papà, “Gigi” cioè Gianluigi Piccaluga, ottimo musicista e appassionato divulgatore di jazz e musica brasiliana: vero ispiratore per suo figlio. Canzone che inevitabilmente mi provoca quello che in Lombardia viene chiamato “magone”, ovvero quell’emozione che ti porta molto vicino al pianto. Un pò per la capacità che Concato ha nello smuovere le emozioni con la sua musica e la sua poesia e un pò perchè io , il mio papà l’ho perso quando avevo 22 anni. Un’età nella quale cominci a capire che i genitori non sono un ostacolo alle pretese di ex-adolescente, ma che le intenzioni e le cose che ti dicono e fanno, sono per prepararti al “dopo”.
Mio padre , Aldo Fercioni, figlio di uno dei più creativi e bravi sarti italiani dagli anni ’20 ai ’60 Giovanni Tranquillo Fercioni, mi ha insegnato cose semplici: ad essere una persona onesta, gentile, a saper trovare nelle cose il lato giusto e spesso, in quelle più serie saper trovare il lato buffo. Quello c’è sempre, anzi: più le cose sono apparentemente serie e più, se guardi bene, c’è un lato che ti fa sorridere.
Mia mamma lo conobbe in tempo di guerra, lui ricoverato in un ospedale militare in seguito alla ritirata in Russia e lei infermiera. Lo conobbe mentre, circondato da altre infermiere, stava organizzando uno spettacolo e stava assegnando le parti… Ad essere sincero mio papà non era un Adone, statura media, fisico da atleta però, formato dall’atletica e dalla boxe che aveva praticato ai tempi dell’università, ma una comunicativa che oltrepassava questo limite e te lo faceva ascoltare sempre, spesso a bocca aperta…
Forse, se fosse rimasto ancora un pò con noi, molte cose sarebbero cambiate o forse no, ma sarebbe comunque stato bello…

Io e papà: una delle poche foto insieme..

Altro giro, altro ricordo…

Sessant’anni prima…
Sessant’anni dopo…

Approfittando di un lavoro in zona sono andato a farmi ancora un pò di male: questa volta tornando dove i miei nonni vivevano e soprattutto dove mio nonno Giovanni Tranquillo Fercioni vestiva le signore dell’epoca, fino al 1961, la vigilia di Natale, quando se ne andò serenamente nel sonno. Poi l’Atelier Fercioni si spostò presso il Palazzo Bagatti Valsecchi in via S. Spirito fino alla sua chiusura, nel 1973… Mi ricordavo l’inquadratura di quella foto in cui mio padre Aldo, Nonno Giovanni e lo zio Ruggero chiacchieravano davanti ad uno degli ingressi del palazzo dove si trovava la sartoria e l’appartamento dei nonni e l’ho voluta riprodurre sessant’anni dopo. Al piano terra e al primo piano (come adesso) c’era la BPM mentre il secondo piano era occupato dai laboratori, uffici, sale di prova e di sfilata della sartoria.. Io sono il più giovane della generazione dei nipoti Fercioni e per me tutto il contorno, allora, non mi toccava più di tanto: il nonno era questo signore coi capelli candidi che vedevo sempre vestito in modo elegante anche quando aveva dei cardigan larghi con grandi tasche dove spesso teneva, a mo di borsetta di Mary Poppins, tutto quello che gli serviva per disegnare, tagliare, imbastire e cucire gli straordinari modelli unici che sfornava. La nonna era come sono le nonne: meravigliose e dolcissime. Te ne accorgi sempre dopo quanto…

10 gennaio…

Aldo Fercioni e Graziella Busatti 
Isolaccia

Perché 10 gennaio e chi sono le due persone inquadrate nella foto? Sono mio papà Aldo Fercioni e mia mamma Graziella Busatti. La foto è stata scattata ad Isolaccia, una località vicina a Bormio, che prende il nome dal fatto di essere all’interno del fiume Adda che in quel punto si biforca formando appunto una specie di isola. Posto fantastico per i cercatori di funghi. E anche per farsi mordere dalle vipere. Tornando alla data, che precede di tre giorni il mio compleanno, è una data che vorrei per un verso cancellare. In quel giorno, 16 anni fa, se ne andava mia mamma, dopo quasi 82 anni. Purtroppo da sola, anche se, secondo i medici, senza rendersene conto. La foto comprende anche mio papà perché lui e un suo caro amico per festeggiare insieme il compleanno (che in realtà compivano il mese prima) e per togliersi un anno, festeggiavano oggi 10 gennaio in corrispondenza del loro comune onomastico, S.Aldo. Il succo di tutto ciò è una malinconia profonda che non riesco a rimuovere e che con l’avvicinarsi di questa data diventa un vero e proprio malessere. Il lato positivo è che finché loro ci sono stati, posso dire di avere avuto dei genitori meravigliosi, per quello che sono riusciti ad insegnarci nonostante un ambiente che ci avrebbe potuto fuorviare, e per il senso della famiglia che è ancora alla base di tutto quello che faccio nella vita.