mescolato, non agitato…

Finalmente…

Quando James Bond chiedeva un Martini, specificava come lo voleva sempre con questa frase.
Io oggi la uso per spiegare la mia filosofia in questo blog e più in generale nella mia vita. Non prendo mai le cose come mi vengono poste: le guardo, le osservo, le valuto, se ci trovo qualcosa di buono lo estrapolo oppure le adeguo alle mie necessità ed opinioni mixandole con la farina del mio sacco. Ma, come si fa con il maiale, non butto via nulla, magari momentaneamente lo metto da parte per poi, magari più tardi, farne uso. E questo vale anche per i temi affrontati in queste poche righe: spunti dall’esterno, dalla strada o dal lavoro, mischiati con le mie opinioni, il tutto servito caldo (o freddo, dipende dalla stagione) con un minimo di decorazione…
Oggi, ma non è storia nuova, anzi forse di passaggio è già stata affrontata, mi viene da parlare dei “nuovi” manager, i 2.0 ( o 3.0, il più delle volte 0.0…). In un mondo in cui la parola magica è “startup”( e la maggior parte di chi la usa non ha neanche idea di quale sia il senso della cosa) insieme a tutta una terminologia anglofona figlia del marketingese tanto di moda in questi tempi, ci troviamo tante scatole vuote (“empty boxes”per i nuovi manager), infiocchettate da termini pomposamente tradotti. Ora, so che molti miei utenti sono di lingua inglese e va spiegata la cosa: in Italia, dal dopoguerra in poi, dal contatto con le truppe (e la cultura) angloamericane, abbiamo assimilato molte cose, termini e abitudini. Diverse buone, alcune meno. Tra queste ultime c’è l’abitudine a riempirsi la bocca con termini tradotti per l’occasione: attenzione non sto parlando di quelli di provenienza inglese o americana (che avrebbe senso), ma di parole etimologicamente italiane, che vengono tradotte “ad minchiam” solo per darsi un tono… Ma anche questo, a parte il fatto di essere abitudine provinciale e palese segno d’insicurezza, potrebbe anche passare, se non fosse che, come ho già scritto, tre volte su quattro questi termini sono empty boxer, scatole vuote.
Con il massimo rispetto per il ruolo, un Warehouse Manager è il capo magazziniere, un Sales Officer è un commesso, e via s-traducendo… Ho pubblicato la foto che vedete sotto al titolo perchè, per una volta, ho trovato dell’umorismo in una scritta aziendale, normalmente pompose e che ricordano le scritte che si trovavano sui muri delle case nelle città e nei paesi durante il Ventennio.
Questa usa un termine quasi popolare e italianissimo: sbarazzarsi si usa quando ti devi liberare di qualcosa o di qualcuno.
In questo caso era riferito ai vassoi della mensa che provvisoriamente hanno cambiato collocazione (stavo per scrivere “location”) in seguito alla ristrutturazione in corso della mensa stessa…. Se poi si pensa a cosa c’era sopra i vassoi, il termine fa ancora più sorridere… Bravi.

la buona ,vecchia burocrazia…

Zoe da piccina

Forse arrivo tardi, forse, per una serie di concomitanze non ho avuto modo di rendermene conto solo adesso. Forse perchè ho avuto la fortuna di non aver bisogno per il mio cane di nessuna medicina in questi ultimi mesi. Ho scoperto in questi giorni e oggi ho avuto la conferma diretta dalla veterinaria curante di Mou che il mostro della stupida burocrazia è ancora vivo e prolifico. Già le medicine e le prestazioni per gli animali d’affezione ( i nostri cani, gatti, ecc.) sono tassate come se fossero generi d’acquisto qualsiasi , quindi al 22% e non con tassazione ridotta come gli esseri umani, e questo è già ignobile… Pensate a quante persone sole e anziane hanno come unica compagnia un cagnolino o dei gatti ed un salasso del genere fanno spesso fatica a sopportarlo.
Una bestiola, purtroppo capita, può stare male e a meno di un veterinario di buon cuore, una visita o una piccola operazione costano e non poco e sono tassate al 22%. Poi se deve seguire una terapia, spesso scatta il dramma: molte persone non possono permettersi le medicine per le cure in questione ed è vergognoso che nessuna autorità intervenga per cambiare questa situazione. Ma ora hanno pensato bene di complicare ulteriormente le cose. Veterinari e farmacisti mi hanno detto che da aprile di quest’anno, per qualsiasi medicina di uso veterinario, anche il semplice antiparassitario o le pastiglie che si danno mensilmente per la filaria o la leishmania, occorre la ricetta elettronica… Che si ottiene andando dal veterinario con il codice fiscale (proprio) e il numero di microchip (del cane) e ogni volta, OGNI VOLTA, farsi rilasciare una una ricetta in cartaceo. Ma non era elettronica? E la presa in giro, o l’ignoranza della cosa, è che questa procedura è stata fatta per verificare e quantificare gli antibiotici che vengono dati agli animali da consumo (lo so che è brutta la definizione): mucche, ovini, suini ecc. Ma non ha senso per quelli d’affezione. O chi ha scritto la legge ha pessime abitudini alimentari o semplicemente, come purtroppo ci si rende conto sempre più spesso, lo ha fatto in modo superficiale provocando un probabile danno molto peggiore della cura.
Le persone non in grado non cureranno più i loro animali con le conseguenze facilmente immaginabili.