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Grigio e grigiume…

Qualcuno penserà che si tratta della stessa cosa, e invece no.
Guardo dalla finestra in questi giorni autunnali e ci sono buone possibilità di vedere il cielo grigio, che a sua volta ti genera un umore grigio e prese di posizione allineate al colore in questione. Il positivo è raro incontrarlo in questi casi, perchè è di colore chiaro e sopratutto colorato , mentre il negativo con l’autunno ci sguazza…
Il grigiume è invece uno stato d’animo collettivo, provocato dal grigio comune: quello generato da quello che leggi sui giornali, che vedi e senti in tv e sui web, che ascolti alla radio e, purtroppo che descrivono quello che accade nel mondo in questi tempi.
Perchè è facile in questo momento grazie alla comunicazione superrapida avere ogni tipo di notizia, vere o false che siano, ma sopratutto che devono generare “click” e una bella notizia o una vera raramente generano interesse.
Adesso le notizie sono proposte con titoli che una volta venivano usati nei quotidiani del pomeriggio, quelli che strillavano qualcosa che doveva portare il lettore a proseguire con l’articolo che spesso non aggiungeva niente o quasi alla notizia.
Il contenuto poi, allora e adesso, è vuoto, non c’è niente o quasi e quel poco che c’è è negativo, uguale a mille altri trafiletti o articoli che non spostano l’interesse per niente.
Quasi quasi rimpiango i “pallini”, quelle notizie condensate in poche righe che ti davano la notizia, il più delle volte frutto di note d’agenzia o di un piantone in questura che ti faceva un sintetico riassunto della nera del giorno…
Finale grigio? No. Mai. Ho imparato dalla buonanima di mio papà che c’è sempre, anche nelle peggiori situazioni, qualcosa di cui sorridere e che ti porta a sperare in qualcosa di più colorato.

Si, vabbè… avete ragione

Trasformare un Blog, che teoricamente dovrebbe essere non dico quotidiano, ma per lo meno voce dei pensieri ed idee del momento, quindi abbastanza frequente, in un mensile non è proprio l’ideale…
La scusa che la pensione crea questo effetto di scollamento del tempo che passa non va bene.
Non va bene perchè significa che i giorni non hanno più un impronta specifica, che ogni giorno ha delle piccole differenze che sono così piccole da non essere registrate come tali e quindi perse.
D’altronde si arriva ad un punto in cui tutto ciò emerge e si sente la necessità di fare il “qualcosa” che differenzia la giornata, che dia un segno, un’impronta e allora , come un accumulatore compulsivo, si affastellano le idee e tutti quei supporti che servono (teoricamente) per metterle in pratica.
Esempio: tastiera per ricominciare a suonare, oppure mazze da golf per riprendere a giocare, o anche tutta l’aggeggistica che serve per rimettersi a trasmettere per radio (ora in streaming)…
La tastiera, più per una scomodità logistica la uso poco, ripromettendomi che quando riordinerò lo studio, sarà in pole position…
Le mazze da golf sono da poco tornate a fare il loro lavoro, anche se su due secchielli da 50 palline, quelle uscite correttamente dalla piazzola sono il 10%. Le altre sono andate un pò qua , un pò la, un pò a destra e un pò mancate proprio (le prime).
La radio è quasi pronta: mixer, microfono e cuffia, pad per generare musiche ed effetti ci sono. Manca il collegamento per il quale occorre qualcuno che lo instradi correttamente e poi si tornerà a sentire il Gianparlo trent’anni dopo.
Quindi, promitto repromitto e iuro, oltre a reggere l’infinito futuro, anche il blog riprenderà vita.
Parola di lupetto.

A furia di osservare, più non fare…

Penso che sia una delle conseguenze più comuni dell’essere in pensione, per lo meno nei primi tempi. Ti trovi dopo quarant’anni in cui ti sarebbe piaciuto stare fermo, nei successivi (speriamo almeno trenta…) in cui stai fermo e non ti piace nemmeno per un pò… Poi se aggiungi che per riflesso cominci mille cose senza concluderne una o quasi e questo ti smonta ulteriormente. Allora diventa importante selezionare le cose che ti piacerebbe fare seriamente dalle minchiate, possibilmente che siano fattibili.
Perchè c’è anche il problema che mamma Inps non è che dispensi milioni proprio a tutti, anche se a qualcuno forse si e, per esempio, comprare una casa su un isola semideserta non so se rientri nel budget , così come una barca per viaggiare su tutti i mari navigabili…Inoltre, con grande sgomento ho scoperto di non rientrare nell’asse ereditario della buonanima del Presidente e quindi anche lì non si batte cassa!
Quindi passatempi sì, attività anche ma che rientrino nell’Umarellbudget perchè se no siamo da capo. Vogliamo anche aggiungere a tutto ciò che tutto il resto del mondo continua a girare, nel bene e sopratutto nel male, e che quelli che erano problemi quando si lavorava, ora ci sono lo stesso ma sembrano più grossi…
Quindi devo decidermi a scegliere: ho una sacca nuova di mazze da golf regalatami da moglie e figlia e devo iscrivermi da qualche parte per vedere se il giovane giocatore di 50 anni fa è ancora in grado di swingare, approcciare e pattare o si troverà a zappare…
Ho un pianoforte elettrico di buona qualità che mi guarda alla destra di questa scrivania e la tastiera mi tenta tanto, ma le mani che una volta coprivano quasi una decima (N.d.A: una decima sono dieci tasti, per fare un esempio, dal Do al Mi dell’ottava successiva), ora arrivano a un’ottava scarsa. Per non parlare della mobilità delle dita…! Ma le scommesse a me piacciono!
Altra idea: ricominciare a mettere voce e idee al servizio di un microfono, e di una radio. Il microfono c’è come avete visto, sto cercando di trovare chi voglia un vecchio catamarano come il GianParlo, ultimo nome con il quale ho trasmesso fino ai primi anni ’90.
Poi c’è la mia vecchia passione del basket e dello scriverne più o meno a proposito, e lo scrivere in generale e questo Blog ne è la dimostrazione, non ho mai smesso di farlo: qui (www.giancarlofercioni.it) e su www.fercioni.com.
Carne al fuoco ce n’è, l’importante è cuocerla bene…

Giancarlo Fercioni

Ci sono ancora…


Lo so, lo so, è più di un mese che non scrivo e adesso, causa litigio con i computer di casa, lo sto facendo sul mio smartphone e con i ditoni che mi ritrovo non è molto semplice…
Di cose da raccontare ce ne sono tante, noi umarell avendo tanto tempo a disposizione ci inventiamo di tutto. Infatti ho una sacca da golf che mi aspetta, una piccola postazione per lo streaming pronta sulla mia scrivania, una collaborazione con un portale che si occupa di basket, i miei cagnoloni che mi portano a spasso e una neurite che nei tempi morti mi impegna tra antidolorifici e visite. Nel frattempo stanno ristrutturando, con soli due mesi di ritardo, la casa di mia mamma a Milano, tra un Superbonus 110 che non si farà e dei lavori che si allungano sempre più. Questo è il riassunto delle puntate precedenti, ma ora voglio parlare del fatto che, nonostante tutti questi impicci, sono sereno. Strano vero?! Uno non ha niente da fare e s’inventa ogni sorta di problemi, ne hai invece tanti e riesci a rilassarti. Comincio ad abituarmi alla pensione: non è così male, dai. È un po’ la quadratura del cerchio ma si può fare!
Prometto una frequenza più serrata, insomma più frequente…

MENTRE ACCAREZZO UN CANE…

l’uomo Vitruviano… un attimo dopo che gli erano scappati i cani!

E’sicuramente uno dei momenti in cui si è in pace col mondo, magari solo per quell’istante, però è così. In giorni in cui è difficile mettere insieme tutto quello che uno pensa di dover fare, dimenticandosi di quasi tutto e facendo poche cose (le più inutili ovviamente), ci devono essere questi istanti.
Momenti in cui un musino sorridente, perché i cani sorridono, magari ognuno a modo suo ma lo fanno, ti guarda, si ribalta sulla schiena mostrandoti la pancia e chiedendoti coccole, coccole e solo e ancora coccole… E se non lo fai ci rimangono male , ma non troppo, perché sanno che magari poco dopo tu lo farai, magari integrando i grattini con un biscotto e un biscotto vale l’attesa.
Ma vale anche per noi umani, perché l’affetto che ti danno è gratis, è tanto e nessuno saprà dartelo come loro…
I problemi si complicano quando, come per me, i cani sono due, come le mani e magari la distanza non è ottimale: come quando si fa la passeggiata al parco e uno dei due decide di andare in una direzione (24 chili), e l’altro in quella opposta (33 chili). Ho scoperto che Leonardo Da Vinci , quando ha disegnato l’Uomo Vitruviano, aveva anche lui due cani, ne sono certo: la posizione è quella!
Comunque anche questo contribuisce all’esercizio fisico: quando vedo i runner da parco che fanno stretching appoggiati ad un albero, una staccionata o una panchina, penso sempre: “…portate a spasso due cani e risolvete in un solo colpo la parte aerobica e quella anaerobica, l’esercizio e l’allungamento dei muscoli…
Ci vuole un cane… o più di uno.

67 E NON SENTIRLI… SARANNO GLI ACUFENI?

La vigilia di un compleanno, niente di particolare, voi direte..
E in effetti è così, ed è sbagliato. Uno dovrebbe sempre trovare qualcosa di particolare in una situazione del genere.
Forse sarà perchè lo assimilo al Natale, neanche tanto lontano.
Oppure perché, come nel Natale, la cosa che noto di più sono le sedie vuote, la telefonata che manca, il fatto di non poter andare da qualcuno a fargli (o farle) gli auguri. Funziona purtroppo così anche nei compleanni. Oltre all’aumento dello scricchiolio delle articolazioni e alla diminuzione di tante altre cose…
Eppure, eppure…passerò una serata con la mia famiglia, riceverò tanti auguri grazie ai social che tanti difetti hanno ma questa è una delle cose positive rimaste, arriveranno anche telefonate da vecchi amici lontani, pagherò il conto del ristorante (poco male) e passerò comunque i miei tot chilometri e ore a spasso con i miei cani, sperando in una giornata serena anche meteorologicamente parlando.
Quindi qualcosa di buono ci sarà?!
Sicuramente, in realtà spiace sempre per ciò che manca e non per quello che c’è. Perchè siamo dei lamentosi (italianizzazione del lombardo lamentùs, mai contenti). Però il lamentùs ha il suo lato positivo: quando le cose vanno bene le gradisce di più di quello che le da per scontate anche se borbotta che “sarà stato un caso…”
Cosa mi piacerebbe riavere? Tanti ricordi che sono sfumati, all’orizzonte. Cose vissute che riappaiono al massimo come fotografie e non come un video. Risentire e vedere voci e persone care che faticano a riemergere.

E poi mi piacerebbe sentire il silenzio, sono anni che non so più cosa sia…

PIOVE,PIOVE… E CHISSIMUOVE…

Bisogna rimettersi in moto come le automobili anni ’20: con la manovella davanti e olio di gomito. E’uno di quei giorni che, ti prende la malinconia (cit.)… Insomma causa ed effetti molteplici dati dal periodo : il mese di dicembre, feste che si avvicinano e i tuoi cari che sono sempre meno con gli anni che passano.
Poi il tempo meteo, grigiume con pioggia che avremmo benedetto tre mesi fa in piena siccità ma ora l’effetto è esattamente l’opposto: fa freddo, è umido e tutto ciò ammazza la voglia di fare qualsiasi cosa, anche e sopratutto quelle che devi fare.
Tra le quali ci sono bonifici a destra e a manca: per la ristrutturazione della casa di mia mamma, per le tasse da pagare in più, per la 110 che non si sa se rimane o no, per i regali di Natale, e per l’ordinaria amministrazione che si somma alle spese precedenti…
Poi mettiamoci pure il mio carattere che monta e si smonta con la stessa facilità di una confezione di Lego, senza controllo dei mattoncini e il gioco è fatto.
Lo so, è un discreto casino e da qualche parte ci deve essere il bandolo di questa matassa. Finora non l’ho trovato. Forse il trucco potrebbe essere di aspettare uno dei miei momenti si, per scavare e guardarmi in giro per riprendere a vivere nel vero senso della parola. Per ora galleggio: ho i miei cagnolotti che capiscono al volo il mio umore.
La prossima volta che trovo chi mi dice: “beato te che sei in pensione…” dimenticando di aggiungere: “così chissà quante cose puoi fare..” Sopratutto senza aggiungere “quali cose”, gli rispondo male.
Forse perchè nella mia attività precedente il riposo era concepito per tirare il fiato dalle tante cose fatte e da fare, il fatto di trovarmi delle cose da fare per giustificare il riposo mi sembra un controsenso. Oppure perchè ultimamente l’organizzazione del lavoro era gestito da qualcun altro e quindi avevo perso l’abitudine di programmarmelo da solo. E in ogni caso il mio lavoro sapevo cos’era e lo sapevo fare.
Adesso tornare alla mia tenera età a mettere in piedi una start up lo trovo quanto meno difficoltoso se non difficile…

SABATO, DOV’E’ LA DIFFERENZA?

Ci vuole tempo

Non pensavo di arrivare mai a farmi questa domanda… Quando lavoravo c’era sempre una precisa identità in ogni giorno e aldilà di quale fosse della settimana: c’era il giorno del basket, quello delle rubriche del calcio, dell’Nba, delle riunioni più o meno utili (o inutili…), del lavoro in studio o in esterna e, ultimamente, quello in remoto…
Poi è arrivata la pensione, momento atteso da chiunque stia lavorando e l’effetto più evidente è stato questo: una piallata ai contenuti diversificati e diversificanti della propria vita, con una sottolineatura invece di tutto quello che è abitudine .
Certo, vedo molti ex colleghi che si trovano bene a fare una vita completamente differente, anche perchè se la sono organizzata e quindi non la trovano noiosa. In realtà neanche io mi trovo male, però un pò spersonalizzato si. Quando hai vissuto più di quarant’anni in contatto con tantissime persone e facendo altrettante attività, il passare a dovertele scegliere o cercarle è straniante.
Ma non mi preoccupo: fra poco (spero) farò l’umarell in casa mia, quando cominceranno i lavori e avrò il mio da fare (o daffare?)… Intanto mi faccio i miei 6-7 km al giorno a spasso con Mou e Sky il più delle volte nel vicino Parco di Monza, un giorno si e l’altro no a trovare mia suocera in Rsa, un pò strimpello la mia tastiera cercando di imparare Bohemian Rhapsody (discretamente complicata su diversi accordi) e, ultima ora, sto facendo un corso on line di tattoo. Non voglio imitare mio cugino GianMaurizio, che è e resta il primo tatuatore italiano, ma semplicemente imparare una cosa che mi ha sempre incuriosito: applicare la mia capacità di disegnare in un nuovo contesto.
Inoltre, quando arriverà il bel tempo ho una sacca da golf che mi aspetta, insieme a delle lezioni che riportino a galla quello che sapevo fare cinquant’anni fa e che smisi in occasione del dissesto economico di quel periodo.
Dite che in realtà faccio già tante cose? Beh si, diciamo che non mi sono ancora organizzato: ancora adesso, guardando una partita di basket, oltre a tifare mi domando sempre come l’avrei fatta io e cosa avrei fatto vedere.
Insomma, sto cercando di staccarmi dal mio passato ma ancora non ci riesco del tutto: il guaio è che facevo un lavoro che mi divertiva e quindi l’averlo smesso mi fa divertire di meno.
Mi metterò d’impegno!

CELO, MANCA…

Questo è un caso di quelli che si ripropongono spesso e la sintesi popolare con il “hai fame e non hai i denti oppure hai i denti e non hai fame” ci prende in pieno. Si parla di lavoro e di pensione a sostituire rispettivamente “denti” e “fame”. Molti miei ex colleghi non vedono l’ora di poter andare in pensione, mentre io che in pensione ci sono da un annetto vorrei tornare a fare il mio lavoro. Certo, avevo la grande fortuna di fare un lavoro che neanche si avvicinava al tirare la lima o stare tutto il giorno a fare la stessa cosa. Il regista televisivo, anche se preceduto da anni di gavetta, è forse faticoso e impegnativo mentalmente e per gli orari che variano continuamente. L’unico mal di schiena spesso è provocato dall’aria condizionata tarata per il benessere delle macchine e non per quello di chi ci lavora: di qui la tradizionale sciarpa o foulard che non solo nell’immaginario copre il collo del regista.
Rischi? Ce ne sono, ce ne sono… Dall’inciampare sulle scale degli stadi o dei palasport per verificare telecamere e postazioni alle scalette metalliche dei camion regia che quando piove diventano viscide come il sapone. Rischi estremi si hanno quando ti capitano services scrausi, dove un capotecnico per modo di dire sbaglia le connessioni e mette una fase della corrente al posto della messa terra rischiando di fulminare tutti quelli che stavano sul mezzo regia ( a qualcuno è capitato…). Rischi più sottili ma fastidiosi per l’anima invece ci sono quando viene convocato all’interno della troupe un operatore “dell’ultima ora” che ti fa disperare al punto di tirare fuori il peggio delle mie origini toscane e non solo…
Però rimane un lavoro meraviglioso e per quanto sia riposante la pensione, la varietà delle occupazioni che ti da il fare e disfare è molto meglio:
Attenzione: poi la pensione non è che ti esclude i problemi… Lo fa con quelli del lavoro ma tutti gli altri restano e spesso più complicati dal non avere più il supporto che ti viene dato da qualsiasi azienda. Insomma la vera soluzione sarebbe quella di vivere una pensione diciamo di una dozzina d’anni appena finita la scuola… e poi si lavora finché ce n’è…

Giornata Mondiale del Cane

Dagli ultimi undici anni, la vivo quotidianamente… Ogni singolo giorno mi rendo conto di quanto siano importanti. E ogni giorno per me è la giornata mondiale del cane. So di non scrivere niente di nuovo, ma per fortuna che è cosÌ: vuole dire che è condivisa da milioni ( spero miliardi…) di persone. Ogni singolo giorno, nonostante i nostri sbalzi d’umore, ci stanno vicino, dandoci dosi d’affetto inimmaginabili. Ne hanno scritto poeti, scrittori, musicisti e noi persone comuni… Che per loro comuni non siamo, siamo speciali, siamo i loro amici … Più scrivo e più mi rendo conto di dire cose giá scritte e questa è la conferma di quanto siano universali e da quanto tempo ci stiano vicino. La foto che avrei voluto abbinare a questo post non è quella che vedete, anche se anche lei racconta molto. Avrei voluto pubblicare quella di una tomba che si trova nel Cimitero Monumentale di Milano, sul primo viale centrale dopo aver oltrepassato il Famedio. È molto semplice: raffigura una persona sdraiata ( il defunto) con ai suoi piedi il suo cane. La prossima volta, quando andrò a trovare i miei cari che riposano lì, la fotograferò e la pubblicherò. Dice tutto sull’amore tra uomo e cane, non c’è bisogno d’altro.