Tutti gli articoli di Giancarlo

Milanese di origini Tosco-Emiliane, Regista Televisivo ex Radiofonico, Copy e Grafico nonché felice padre di famiglia.

Altro giro, altro tiro, altro regalo…

era Natale di molti anni fa…

Prendo in prestito questa formula diventata anche un titolo di libro di Flavio Tranquillo, per sottolineare un’altra “giornatina da ‘gnente”… Pensavo che più pesante della maratona in occasione degli studi di Champions ci fosse poco o nulla e invece mi sbagliavo. Il giorno dopo è molto peggio. Perchè hai nelle ossa la sfacchinata con rientro notturno e il poco sonno dovuto alla sveglia che non si cura del fatto che sei andato a dormire poco prima. e questo è l’inizio. Poi c’è la passeggiata con Mou, oggi nel primo freddo veramente invernale della stagione, che tutto sommato rimane la parte più rilassante e rilassata del giorno. A seguire tutte quelle commissioni che se non fai in quel ritaglio di tempo probabilmente non riesci a fare più. In cauda venenum, il lavoro che doveva essere piena routine e invece assomiglia sempre più ad una gara di corsa campestre fatta da un sessantaduenne fuori allenamento (…appunto).  Riunioni, giochini delle tre carte per evitare rotture, e quindi scarico rogne sui presenti e a seguire scartoffie che ti fanno uscire in orari in cui la tangenziale sembra un muro di lamiera immobile. 27 chilometri fatti in un ora e un quarto: forse in bici ci mettevo di meno…

Ei fu, siccome il mobile…

No, non immobile.. Proprio il mobile. La libreria! Spiego: …Quando capita di essere nel bel mezzo di un trasloco interno, ovvero un cambio di stanze all’interno della medesima casa, può capitare che ti trovi a dover fare a meno di un pezzo importante dell’arredo di casa. Il pezzo in questione è una libreria che, per importanza e imponenza, era uno dei punti focali della sala. Inoltre conteneva un enorme numero di mie carabattole di ogni genere, quindi di difficile eliminazione, perchè da accumulatore compulsivo la sola idea di gettare qualcosa che, chissà, forse, può darsi, magari un giorno potrebbe venire utile, non la riuscivo neanche a concepire. L’ unico modo che mia moglie ha trovato per sfoltire la giungla di aggeggi che imbosco in ogni dove è quella d’inventarsi dei traslochi, veri o interni che siano, all’interno dei quali si perdono cose… Lo so, dicono sia una vera e propria sindrome, come d’altronde pare che lo sia anche l’ordine compulsivo, l’incasellare cose e oggetti ognuno nel suo posto preciso. Insomma io e lei ci integriamo: io accumulo e lei scumula, io disordino e lei riordina. Meno male che nostra figlia è un buon compromesso delle due cose/persone. Disordinata ma nel limite, attenta alla pulizia ma non in modo ossessivo. 

Giancarlo, Nadia e Martina
Il Ferc, la signora Ferc e la bimba Ferc

Giornatina da ‘gnente

il riposo dei guerrieri… l’altro ieri

Cominciata molto prima dell’alba, quando la mia vicina di casa del piano di sopra, alle ore 03 antimeridiane pensa di rientrare (e fin qui niente di male, è single e giustamente fa quel che gli pare) a casa. Primo lato negativo della cosa: tacco dodici o simile con il quale si fa tutte le scale e una volta entrata a casa sua continua ad usare. Nonostante questo, avendo un discreto sonno duro, non succede niente. Qui subentra il secondo lato negativo: Mou, il mio cagnolone dal sonno molto meno profondo, si sveglia di soprassalto e tira una serie di abbaiate storiche per volume e intensità… ad un metro dalle mie orecchie. Risultato, passo dal sogno all’incubo con tachicardia da spavento. Nel frattempo la mia nottambula vicina continua a tacchettare allegramente per casa ed io per un’ora e mezza buona non ripiglio sonno fino all’alba. Questo l’inizio. La passeggiata mattiniera con cane passa tranquillamente senza particolari problemi. Vado in ufficio dove sapevo (povero illuso) che ci sarebbe stato un pomeriggio di routine senza particolari difficoltà, e lì altra sorpresa. Scopro che quello che doveva essere il programma più lineare e piatto del palinsesto diventa, come per la sveglia notturna, un incubo, con palleggio di responsabilità e motivazioni fumosissime. La colpa in questi casi non è mai di qualcuno, sono decisioni prese da Lui (rigorosamente con la maiuscola), il quale non si sa mai chi sia, quasi che sia bestemmia nominarne il nome invano. Comunque, alla faccia di tutti, passo indenne il fattaccio e me ne torno a casina, dalla mia famiglia, cane compreso…

Comincio già a prendermi delle pause…

parco di Monza, in prossimità del fiume Lambro

…neanche fossi Celentano…

Che ci azzecca, come direbbe un noto artista di cui non ricordo il nome, questa foto? A parte il documentare la giornata straordinaria per colori, clima, profumi e umore, è la foto che preferisco tra le decine che ho scattato oggi. La guida , come al solito, è stata Mou, il mio cagnolone, che oggi mi ha portato a spasso per sentieri tutti suoi e mi ha fatto vedere posti che conoscevo ma con luci nuove. E questo è il concetto che fa pensare. Spesso siamo abituati a guardare posti, situazioni e cose da un solo punto di vista, poi ci capita per di cambiare angolo visuale e anche l’aspetto delle cose cambia. Se io avessi fotografato la stessa radura nella direzione opposta, si sarebbero visti dei rami secchi, degli alberi spogli , senza alcuna profondità e con delle luci piattissime. E il posto è lo stesso, un tappeto di foglie lasciato dagli alberi di cui sopra, alberi spogli e radi, fascino del posto molto poco. Anche nelle idee della gente bisognerebbe non avere inquadrature “bloccate”, tiriamo giù dal cavalletto i nostri pensieri, manteniamo nella macchina la pellicola che è l’onestà intellettuale, e guardiamo e fotografiamo tutto quello che ci passa vicino. Cercando di vederlo sempre nella luce più interessante possibile. Lo so che ci sono anche brutte cose che non solo non meritano di essere viste ma neanche di esistere, però forse, facendole vedere , passa il desiderio di emularle. Mio padre mi ha insegnato a cercare sempre il lato buffo, strano delle cose, perché c’è sempre. Se si riesce a trovare un lato ridicolo, a sdrammatizzare le cose, diventa più facile affrontarle, diventa più facile viverle. Se siete su un palco, pensate che tutti quelli del pubblico siano in mutande e calzini…

VACANZE?

 

Sempre più frequentemente, nelle grandi aziende, è in uso imporre un consumo spesso non voluto di ferie e di permessi. Cioè, spiego per chi ha la fortuna di non dover sottostare a queste richieste. L’azienda ti dice : “… entro la data tal dei tali (normalmente più vicina all’oggi che al dopodomani) devi programmare le ferie fino alla scadenza del Fiscal Year (o Giugno o Dicembre). Cioè tu devi consultare la tua fattucchiera di fiducia per sapere dove sarai, cosa farai, quali impegni avranno i tuoi familiari e se sarai sano di mente e di corpo… Oppure se hai capacità divinatorie, farlo tu direttamente. Perché è l’unico modo per fare quanto richiesto con un senso. Se aggiungi che, per motivi contingenti al tuo lavoro, spesso non sai cosa farai la settimana prossima, l’esercizio di divinazione diventa ancora più difficile. Il passo successivo poi è ancora più strano, qui la creatività ti impone dei modelli che vanno dal calcolo delle derivate allo studio della teoria dei frattali: guardi con aria stranita il calendario, e cominci a pensare le varie date dei compleanni di casa, aggiungendo in testa e in coda dei giorni di ferie, poi esaurite queste, inizi ad inserire date casuali, secondo la teoria della datazione “ad minchiam”, simile a quella random ma molto più casuale ed inutile. Esaurita ed esaudita la richiesta aziendale, passa qualche giorno e scopri che il 90% dei tuoi colleghi ha preso gli stessi giorni e quindi l’Azienda effettua il più Guareschiano dei “.. contrordine compagni…” chiedendo al dipendente stranito di cambiare quelle date per motivi organizzativi. Ovvio che tutto questo non viene fatto in italiano, ma in marketinghese, ovvero in inglese da marketing, lingua ufficiale di tre quarti delle aziende moderne. Ho dei cari amici e colleghi che ancora adesso non sanno di preciso qual’è il loro lavoro, dato che la definizione ufficiale della mansione è scritta in questa lingua più vicina al sanscrito e all’urdu che a qualsiasi altro vernacolo.

DAYBYDAY

 

Ci si sveglia e si fanno tutte quelle cose che fanno parte della propria routine. Scrocchiamento delle articolazioni, vertigini da cervicale, coccole al cane che nel frattempo è salito sul letto sulla sua copertina ( per poi, appena esci dalla camera, migrare sulle tue coperte ancora caldine…), primo passaggio nella prima porta a sinistra e poi cucina per colazione. Medicina prima di tutto, poi due fette biscottate con marmellata, succo d’arancia, caffèyogurt.  Secondo passaggio ( questa volta è la prima a destra…) con lavaggio, barba e quant’altro… Preparazione per uscita con cane, ecc. ecc. Cosa c’è di interessante? Appunto, niente, è routine… Ma è quella che scandisce i nostri giorni. Se non fosse così, probabilmente passeremmo il tempo a lamentarci del fatto di non riuscire ad organizzarci e a fare quello che vorremmo/vogliamo fare. Poi neanche con la routine spesso ce la facciamo, però quest’ultima ci consente di provarci. Sembra qualcosa di simile al “Giorno della Marmotta”, il nostrano “Ricomincio da Capo”, con la differenza che nel film è lo stesso giorno che si ripropone uguale, mentre nel nostro caso si ripropone uguale ma non è lo stesso giorno. E’ una lamentela? Anche no , pur sembrandolo. E’ un osservazione: certi giorni sono più uguali di altri, poi quando qualcosa cambia siamo sempre spiazzati e fatichiamo ad allinearci alle nuove situazioni. Quindi la domanda è : meglio una sana routine che ti mantiene su un livello accettabile, o una vita con più alti ma con altrettanti bassi?

Dove eravamo rimasti?

Ma è vero che il Post-in posta sempre due volte? Un inizio così è pericoloso… Potrebbe far passare la voglia di leggere a chiunque… Comunque: buongiorno ( o pomeriggio, sera, notte… quelchessia). Devo riabituarmi a comunicare con possibili lettori. Sopratutto devo riabituarmi a formulare concetti che abbiano un senso solo per me e pochi altri. Capiterà spesso che i parli di e con Mou. Che non è lo Special One , ma il mio Special Cane. Il mio confessore, il mio alter ego. Ci parlo, ci litigo, ci faccio lunghe passeggiate. L’essere vivente che mi ha rimesso in riga, a posto. Che si prende tutti i miei sfoghi e li sopporta senza particolari problemi. Sfido qualunque essere umano a farlo senza aver la voglia d’incazzarsi pesantemente. Per chi ha un rapporto di questo genere non sto scrivendo nulla di nuovo, è più di un familiare, perché anche il più caro tra i propri cari ha dei limiti di tolleranza mentre il tuo cane ti sopporta in tutto e per tutto. Forse è per quello che purtroppo il loro tempo è più limitato del nostro. Se così non fosse sarebbe facile fare delle scelte in favore loro e probabilmente noi umani non ci rivolgeremmo più la parola. Se ci si guarda in giro, cani o non cani, sta già succedendo: il faccia a faccia è un optional, la regola è il chat to chat. L’occhio incollato allo schermo dello smartphone, le dita che viaggiano su mini tastiere, spesso anche quando l’interlocutore è di fronte a noi. Se si pensa che il futuro proposto dalle nuove aziende è lo “smart working” ovvero il lavoro a domicilio (quando questo è possibile), successivamente si passerà allo “smart living“, così gli igienisti compulsivi, non saranno più costretti a frequentare altre persone, e relativo contatto di microbi…