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facendo finta di niente

Giovanni Tranquillo Fercioni

8 dicembre, una data che per me, e per i Fercioni, intesa come famiglia, è particolarmente importante, anche se qualcuno di noi faceva finta di niente…
Mi riferisco a mio papà Aldo, che, un po’ per togliersi un anno e un po’ per festeggiare insieme ad un suo caro amico, spostava la data del compleanno al 10 gennaio. E fin qui, il perché del “fare finta di niente”…
Altri motivi per cui il sette e l’8 dicembre sono importanti? Intanto è Sant’Ambrogio, festa molto importante per chi sta come me e come una buona parte della mia famiglia, a Milano, e un po’ perché in questa occasione c’è la Prima della Scala.
Domanda inevitabile: questo cosa c’entra con la famiglia?
C’entra, c’entra! Perché c’è un grosso legame tra la famiglia Fercioni ed il teatro, in particolare del melodramma. Nonno Giovanni, innamorato sin dalla più giovane età del teatro non perdeva mai l’occasione di partecipare alle prime della Scala, un po’ per amore nei confronti della musica, del teatro ed in particolare di Puccini suo conterraneo, e un po’ per vedere nel parterre e nei palchi scaligeri quanti abiti dell’Atelier Fercioni venivano sfoggiati in quell’occasione. E normalmente erano tanti e quasi tutti modelli unici.
La vicinanza al teatro poi è continuata, così si può dire, con una parte acquisita della famiglia: infatti sua figlia Renata si sposò con Umberto Onorato, giornalista, critico teatrale, caricaturista e pittore di vaglia soprattutto dei grandi personaggi che calcavano i palcoscenici alla metà del secolo scorso.
Ma non finisce qui, i nipoti Gianmaurizio, e Gianluca (e in seguito anche la bisnipote Olivia) hanno studiato e lavorato in teatro (scenografia e costumi in particolare quelli teatrali) .
E adesso, come mai questo risveglio mnemonico dopo 63 anni di vita? Accendo la televisione all’ora di cena e vedo che stanno trasmettendo la Tosca, l’opera pucciniana che quest’anno apre la stagione della Scala. Resto colpito dal fascino di questa scena, anzi, di questa messa in scena particolarmente intelligente, bella e con dei contrasti e delle immagini particolarmente affascinanti. E da lì scatta la molla di scriverci, di raccontare questa piccola parte della mia, anzi, della nostra vita attraverso il teatro.
…E magari ne riparleremo, anzi ne riscriveremo in un altra occasione, sono tanti gli aneddoti da raccontare.

ALDì

Qualcosa in comune?

Nel 1990 Fabio Concato pubblicò una canzone dedicata a suo papà, “Gigi” cioè Gianluigi Piccaluga, ottimo musicista e appassionato divulgatore di jazz e musica brasiliana: vero ispiratore per suo figlio. Canzone che inevitabilmente mi provoca quello che in Lombardia viene chiamato “magone”, ovvero quell’emozione che ti porta molto vicino al pianto. Un pò per la capacità che Concato ha nello smuovere le emozioni con la sua musica e la sua poesia e un pò perchè io , il mio papà l’ho perso quando avevo 22 anni. Un’età nella quale cominci a capire che i genitori non sono un ostacolo alle pretese di ex-adolescente, ma che le intenzioni e le cose che ti dicono e fanno, sono per prepararti al “dopo”.
Mio padre , Aldo Fercioni, figlio di uno dei più creativi e bravi sarti italiani dagli anni ’20 ai ’60 Giovanni Tranquillo Fercioni, mi ha insegnato cose semplici: ad essere una persona onesta, gentile, a saper trovare nelle cose il lato giusto e spesso, in quelle più serie saper trovare il lato buffo. Quello c’è sempre, anzi: più le cose sono apparentemente serie e più, se guardi bene, c’è un lato che ti fa sorridere.
Mia mamma lo conobbe in tempo di guerra, lui ricoverato in un ospedale militare in seguito alla ritirata in Russia e lei infermiera. Lo conobbe mentre, circondato da altre infermiere, stava organizzando uno spettacolo e stava assegnando le parti… Ad essere sincero mio papà non era un Adone, statura media, fisico da atleta però, formato dall’atletica e dalla boxe che aveva praticato ai tempi dell’università, ma una comunicativa che oltrepassava questo limite e te lo faceva ascoltare sempre, spesso a bocca aperta…
Forse, se fosse rimasto ancora un pò con noi, molte cose sarebbero cambiate o forse no, ma sarebbe comunque stato bello…

Io e papà: una delle poche foto insieme..

Altro giro, altro ricordo…

Sessant’anni prima…
Sessant’anni dopo…

Approfittando di un lavoro in zona sono andato a farmi ancora un pò di male: questa volta tornando dove i miei nonni vivevano e soprattutto dove mio nonno Giovanni Tranquillo Fercioni vestiva le signore dell’epoca, fino al 1961, la vigilia di Natale, quando se ne andò serenamente nel sonno. Poi l’Atelier Fercioni si spostò presso il Palazzo Bagatti Valsecchi in via S. Spirito fino alla sua chiusura, nel 1973… Mi ricordavo l’inquadratura di quella foto in cui mio padre Aldo, Nonno Giovanni e lo zio Ruggero chiacchieravano davanti ad uno degli ingressi del palazzo dove si trovava la sartoria e l’appartamento dei nonni e l’ho voluta riprodurre sessant’anni dopo. Al piano terra e al primo piano (come adesso) c’era la BPM mentre il secondo piano era occupato dai laboratori, uffici, sale di prova e di sfilata della sartoria.. Io sono il più giovane della generazione dei nipoti Fercioni e per me tutto il contorno, allora, non mi toccava più di tanto: il nonno era questo signore coi capelli candidi che vedevo sempre vestito in modo elegante anche quando aveva dei cardigan larghi con grandi tasche dove spesso teneva, a mo di borsetta di Mary Poppins, tutto quello che gli serviva per disegnare, tagliare, imbastire e cucire gli straordinari modelli unici che sfornava. La nonna era come sono le nonne: meravigliose e dolcissime. Te ne accorgi sempre dopo quanto…

Non cosmico, ma quasi…

Mi riferisco al vuoto… ma non fisico. Quello che ogni tanto ti rendi conto di avere fuori e dentro. Quando hai la sensazione che non ci sia nulla di significativo nelle cose che vedi, che ti capitano e che affronti. Spesso la routine non ti aiuta ad uscirne, ma, in realtà penso sia solo una cosa di testa, un pò come quando sei stanco e stressato al punto che non ti sembra ci sia un bandolo della matassa da prendere e seguire per uscire dal labirinto. L’ importante forse è immediatamente occuparti di qualcosa, riempire gli spazi, seguire i puntini numerati, alla fine il disegno si compone e capisci che in realtà stai facendo qualcosa. Da quel punto sei tornato in carreggiata e puoi continuare… La foto di questa nota è una vecchia icona del mio primo sito ( roba di più di un decennio fa) che, molto iconograficamente, raccontava gli argomenti : le riprese televisive, il basket & me (e famiglia). Adesso gli argomenti sono spalmati su più siti:

Storia della famiglia e basket su www.fercioni.com

Storia mia e blog sia su www.fercioni.it che su www.giancarlofercioni.it

Nel primo c’è sopratutto la storia della famiglia dal 1848, anno di nascita di Giuseppe Fercioni e della famiglia a seguire, con in particolare suo figlio (e mio nonno) Giovanni Tranquillo Fercioni, uno dei più grandi sarti italiani del secolo scorso con una discreta documentazione fotografica di modelli del periodo che va dal 1910 ai primi anni ’60.

Negli altri due (uno è questo) è più mirato sul sottoscritto. In effetti il primo probabilmente verrà integrato da quest’ultimo, essendo parzialmente un doppione…