
Sono nato molto probabilmente grazie a te fratellone mio: i miei genitori dopo tutte le operazioni agli occhi che avevi fatto da bambino, avevano paura che fosse una cosa ereditaria e che si potesse ripresentare in maternità successive e quindi non volevano più figli. Ma tu hai insistito che volevi un fratellino e alla fine hanno ceduto e sono nato io…
Esattamente dieci anni dopo ( con uno scarto di poche ore ), infiocchettato come un regalo per il tuo decimo compleanno.
Ed è toccato a me darti l’estremo saluto cinque anni fa, il 31 ottobre 2020 , durante la seconda ondata di covid. L’ultima volta che ti ho visto eri addormentato con una mascherina per l’ossigeno nel reparto infettivi dell’Ospedale Sacco, e come succede molto spesso, sembravi essere migliorato nelle ultime ore a detta della dottoressa che ti aveva in cura…
Purtroppo no.
Quando abitavamo a Milano dormivamo nella stessa stanza (enorme come tutte quelle di casa nostra), divisa da una parete di legno e c’erano altri due metri per arrivare al soffitto. Le case del settecento avevano soffitti altissimi ed io riuscivo a giocare al paracadutista lanciandomi dall’armadio sul letto! Giocavamo a pallavolo e pallacanestro con il divisorio della stanza e di sera chiacchieravamo senza problemi di disturbare, perchè le pareti erano spessissime.
Poi nel ’73 ci siamo trasferiti fuori Milano, ad Arese, allora poco più di tremila anime, tanto verde (in primavera ed estate), e tanta nebbia (autunno ed inverno) . Nel 1984 torniamo a Milano e l’anno successivo mi sposo. Tu reincontri il tuo grande amore e da qui pur sentendoci e vedendoci , ognuno vive la propria vita. Fino a quel maledetto 31 ottobre.








