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acciaccato

momento sole… ma poi torna la pioggia

Dopo due o tre giorni nei quali il leit-motiv è stato, pioggia, sole, umido, pioggia , sole, umido, pioggia, sole, umido… accompagnato da sciatalgia, mal di denti il tutto rigorosamente mixato in parti uguali, la definizione del titolo è veramente il minimo sindacale…
In questi giorni di acciacco ti rendi conto di quanto, anche le minime cose, possano destabilizzarti. Quando stiamo bene pensiamo di essere invulnerabili, poi basta che si sommino un paio di cose e immediatamente scatta il malessere moltiplicato da ipocondria maschile. Non è leggenda, noi uomini siamo così: ci bastano un paio di linee di febbre e chiediamo l’intervento della croce rossa. Qualche cosa di più e chiamiamo al capezzale i parenti per un ultimo saluto… Oltre all’incapacità cronica di affrontare qualsiasi tipo di disturbo, noi moltiplichiamo: siamo come quei gratta e vinci dove c’è un fattore di moltiplica se azzecchi un numero particolare, solo che qui moltiplichi i disturbi, i lamenti e i fastidi per gli altri. L’altra conseguenza (per me la più fastidiosa) è quella di far fatica a concentrarsi e fare le cose che fai normalmente. Per me lo star bene è quando riesci a mettere insieme i pensieri, a dare loro un senso e fare le cose di conseguenza e se anche un solo pezzo del puzzle manca, crolla il mondo…Siamo proprio fragili, altro che sesso forte.

PANICO E FRUSTRAZIONE

occhio agli occhiali…

Per una persona come me, che cerca di essere sempre in controllo, il trovarsi in pieno panico è stata una cosa nuova e brutta.
Per fortuna la causa scatenante è stata risolta e con la soluzione si è dissolto anche il panico… Cosa grave? No, però una concomitanza di piccole cose irrisolvibili, sommate, possono generare panico vero.
La storia: esco a portare fuori l’ormai celebre Mou, il tempo è caldo e umido, la schiena scricchiola per il nervo sciatico, i moscerini sono impegnatissimi in quello che riesce loro meglio: rompere le scatole al mondo e la passeggiata assomiglia per una volta ad una tortura medioevale… Siamo in un prato con l’erba tagliata ma non rastrellata e, in un tentativo di scacciare dei moscerini molto insistenti, urto i miei occhiali (da vista) che volano da qualche parte. Premessa, non è una miopia esagerata, però unita all’astigmatismo e alla presbiopia che si è palesata con il passare degli anni, essere improvvisamente senza occhiali per cercare gli occhiali stessi in metri di prato mischiato a fieno, può scatenare qualche momento di panico. Ovviamente ti guardi intorno e scopri che, nell’unico momento in cui serve che ci sia qualcuno per darti una mano (degli occhi più che altro) non c’è nessuno!!! Allora il panico aumenta: paura di non trovarli più, paura, muovendoti di calpestarli, paura di trovarli rotti… Telefono a mia moglie e mentre gli sto chiedendo di venire a ricuperare l’orbo impanicato, l’orbo stesso vede un riflesso a un palmo da un piede e ritrova il tesoro perduto… Dissolvenza a bianco, dissolvimento del panico, sorriso ritrovato. Brutta roba il panico.

song of the wind

Red Sea

Oggi è così, purtroppo non dove abito, anche se non mi posso lamentare stando a poche centinaia di metri dal Parco di Monza, vera oasi e polmone di Milano e dintorni. Oggi è la giornata mondiale degli Oceani ed a introdurla mi sono fatto aiutare dal buon vecchio Carlos Santana con Song of the Wind da Caravanserai. E’ una di quelle canzoni che da quando l’ho sentita per la prima volta nel ’72 l’ho associata alle vacanze, al mare, al viaggiare , magari con quel profumo che solo il salmastro e il mare può darti. Ognuno ha un posto speciale da abbinare quando sente certa musica, per me questo è Formentera, l’Isola d’Elba, Marsa Alam , un giro tra cale assolate raggiungibili sono grazie a qualche pescatore che ti ci accompagna (e speri poi ti venga a riprendere), un assolo di un sassofonista in una caletta microscopica di Alicudi, nelle Isole Eolie. Quelle cose che ti sembrano di per se strane, ma in quel momento sono perfettamente naturali: cosa c’è di più normale del suono di un sax proveniente da un signore seminudo in una cala nascosta? La vacanza deve essere immaginazione libera, non farsi ingabbiare dalla routine, o meglio, se è quello che vuoi in quel momento, vada anche la routine, ma deve essere quello che vuoi, non ti ci devi trovare… Anche l’Ipad che ha virato su Birdland nella versione di Jerry Douglas è perfettamente in linea. L’unico vero peccato è che le vacanze non hanno più quei tempi lunghi, dilatati, dell’infanzia. Un pò perché i costi sono aumentati e , proporzionalmente, nella maggioranza dei casi non sono aumentati i soldi che servono per una vacanza più lunga. Una volta, se facevi 15 giorni in giro era il minimo sindacale, adesso se puoi farli è se hai la casa di qualche parente al mare o perchè sei tra i fortunati che possono permetterseli. C’è anche il lavoro che non ti consente di farlo a dire la verità. La maggioranza delle aziende quasi t’impone di certi periodi di chiusura/ferie: che il più delle volte sono improponibili per i costi (agosto io non metto fuori il naso di casa) e perchè c’è il resto del mondo in vacanza. Ok che la pretesa dell’isola deserta ormai solo quello è : una pretesa. Però ci sono alternative se riesci ad organizzarti: sempre rimanendo nei periodi che noi italiani non riusciamo ad evitare, giugno (giornate più lunghe, con tempo mediamente buono) o settembre (più corte ma il mare molto più caldo, in qualsiasi posto si vada…) sono ottimi periodi. Adesso c’è Pat Metheny… Ho detto e ascoltato tutto…

Tramonto ad Abu Dabbab

abbinamenti, idee e stereotipi

Il prato del Dosso, al Parco di Monza
Mou

E’ strano come nascano le idee e come queste si facciano spazio tra un pieno di benzina, il cane da portare fuori, delle pratiche da mandare avanti e una riunione incombente in ufficio. A volte basta, mentre sei al Parco con il tuo cane, l’incontro con un altro cucciolone.
Questo, un bellissimo Dogo giovanissimo, lasciato pascolare senza collare e attenzione da parte del proprietario, con le migliori intenzioni del mondo e sotto gli occhi della madre, molto meno giocherellona e vicina al padrone. L’orario era quello dell’ingresso dei bambini in asilo, luogo che è davanti alla porta del parco. Osservando le reazioni di Mou, il mio cane, vedo che lo accetta e quindi non mi preoccupo più di tanto e proseguo il giro. Il cucciolone vista la reazione amichevole del mio lo segue, allontanandosi sempre più dal padrone e dalla madre. Comincio a preoccuparmi perchè non c’è nessuna attenzione da parte loro, quindi non mi allontano più di tanto. Incrocio un altro signore canedotato che vedendo il vagabondo, dopo averne dette un pò del personaggio in questione, lo chiama urlandogli che il suo cane era lì.
Dopo enne volte ed enne chiamate questo si “sveglia”, richiama il cane , gli mette collare e guinzaglio e si avvia alla vicina uscita. Descrizione del personaggio: pompato da palestra (molto differente da chi la pratica e frequenta in modo corretto), di quelli che fanno fatica a stendere le braccia sui fianchi, occhio spento e intelligenza che apparentemente non sprizza da tutti i pori. E’ difficile quando ti capitano incontri di questo genere non cadere in valutazioni forse affrettate, anche se così come il più delle volte queste non siano sbagliate.
Avendo una discreta esperienza di cani, ci sono abbinamenti inevitabili. Non ci sono cani cattivi, per sfatare un luogo comune, ma ci sono cattivi padroni e così come certe razze le possono avere tutti, se sei un aggressivo, insicuro e hai bisogno di un “rinforzo” andrai a prendere sicuramente una di “quelle” razze. Purtroppo senza essere in grado di gestirle, così ad andarci di mezzo sarà come sempre l’anello più debole, il cane, che pagherà la colpa di avere un padrone, come minimo, incapace . Nel caso migliore.

50 SFUMATURE DI VERDE…

Spiumaiattolo

Oggi giornata di riposo (dal lavoro) e di lavoro (nonostante il riposo)…
Il termine “lavoro”, inteso come fatica… Beh, quello l’ho fatto raramente e, vi garantisco, che non vivo di rendita. Solo che ho avuto la fortuna di fare quasi sempre cose che mi piaceva fare e quelle non le considero lavoro.
Fortuna? Assolutamente si. Poi arrivi a casa e fai tutte quelle cose che ti piacerebbe facesse invece qualcun’altro: intendiamoci, routine quotidiana, che però ti impedisce di fare altro di più piacevole o comunque che in quel particolare momento avresti voluto fare. Per esempio, la passeggiata con Mou, il mio cane, è una cosa che (giornate di pioggia a parte) amo fare. Oggi, giornata baciata durante la mattina da sole e una temperatura finalmente adeguata alla stagione, in particolare abbiamo girellato per una buona fetta nell’enormità del Parco di Monza, arrivando fino ai Giardini della Villa Reale, vera oasi dove puoi fare incontri come quello inquadrato nella foto. Scoiattolo probabilmente frutto di una scappatella tra uno scoiattolo rosso (razza endemica) e una grigia ,frutto di un genio che ha abbandonato la razza tipica dell’America e venduta nei negozi di animali nel parco, generando un bel conflitto tra le due razze. Conflitto che stanno vincendo quelli d’importazione, più forti e grossi rispetto ai nostrani… Un pò come le tartarughe d’acqua che popolano laghetti e rogge, figlie, nipote e pronipoti di quelle abbandonate da qualcuno che per pulirsi casa e coscienza ha pensato di portarle lì, senza pensare al fatto che l’ecosistema di queste parti non è propriamente l’ideale e che se inserisci “novità” ambientali, incasini tutto il resto… Per fortuna che i quasi 700 ettari del Parco per ora lasciano spazio a tante specie: alla mattina presto si possono incontrare Aironi Grigi, anatre mandarine, lepri e conigli, invisibili (ma rumorosissimi) picchi, cavalli, runners, bikers, quelli del nordic walking e poi ci siamo noi con i nostri amici a quattro zampe…

IMMAGINAZIONE AL POTERE…

senza parole
Senza Parole

Potevo anche intitolarlo anche “… in punta di piedi” oppure “il gigante e la bambina…”. Sono quegli scatti che ti riconciliano con la fantasia, l’immaginazione e la tenerezza. E’ un periodo in cui le sportellate da web sono la regola, la cialtronaggine che arriva da tutte le parti, la cattiveria e la voglia di non fare del bene sembra essere legge. Poi volti l’angolo e ti trovi con una coppia nel pieno delle effusioni, riparati soltanto da un cartellone pubblicitario che parla di “50%”, tenerissimi, con lei in punta di piedi per compensare la statura di lui. Meraviglioso. Dopo tante foto scattate , magari composte perfettamente o semplicemente simpatiche, una che racconta tutto: amore, tenerezza, nella propria città, non sfacciati ma neanche nascosti, come dovrebbe essere.
Mi ricordo che da ragazzo, già con gli ormoni a manetta, circa 15-16 anni, quindi più o meno nei primi anni ’70, quando a Milano lo smog esisteva ancora e si mischiava alla “scighera”, in dialetto lombardo la nebbiolina fredda e umida, la usavamo per stare insieme alla fidanzatina del tempo. O nei piazzali, quelli con i giardini in mezzo con le panchine dove la gente che passava a due metri non ci vedeva o sui ponticelli dei navigli dove la ringhiera faceva da alveo naturale per appoggiarsi. Oppure un paio di alberi secolari in via Marina a Milano, vicino a via Palestro, consumati dalle schiene di ragazzi che si appoggiavano per baciarsi.
Oggi ho ritrovato quello spirito in questa coppia, che non voglio neanche sapere chi siano e in che situazione sia il loro rapporto: voglio immaginarmelo, solo immaginarlo, perché l’immaginazione è sicuramente migliore della realtà…

AVANTI, C’è POST…

post analogici…

Questo è un post dedicato ai post, o meglio, dedicato a voi che li leggete i miei post. E’ un gioco di parole in Italiano che non so come verrà tradotto: la frase autentica è ” avanti c’è posto”. E’ una frase usata da chi avvisa che puoi accedere in un luogo: parcheggio, stanza, qualsiasi posto dove si può entrare… Mi sembra di essere uno che spiega le barzellette…
Dicevo, prima di divagare sui significati, che è un post per ringraziare tutti quelli che hanno deciso di dedicare un pò del loro tempo a leggere queste righe, a cercare di capirne il significato, perchè spesso uso modi di dire, espressioni gergali, calembours, tipiche della mia provenienza dalla radio, dove invece di scriverle, le mie idee, le dicevo davanti ad un microfono… Ma il senso e la voglia di comunicare è la stessa, con gli stessi rischi. Anzi, la radio, con la diretta era ancora più rischiosa: quello che dicevo, una volta detto, non tornava più indietro. Qui, almeno, se rileggo quello che ho scritto ( … e non lo faccio spesso…) posso evitare i danni grossi. Riavvolgendo il nastro, sono curioso, di capire come vengono tradotti i miei periodi. Anzi, fatemi un regalo: qualcuno di buona volontà mi può allegare la traduzione di un mio qualsiasi post? Per curiosità, perchè il mio translator è piuttosto fantasioso nelle traduzioni è spesso sono più affidabile io quando traduco manualmente , solo che ci metto il triplo del tempo.
Comunque ancora grazie, non mi aspettavo un tale interesse per le mie squinternatissime idee. Ero partito con l’idea di un diario dove raccogliere pensieri, opinioni, giudizi, qualche fatto che ha lasciato il segno e poco più e… mi sono trovato in Vostra compagnia… Beh, è un piacere, spero di non annoiarvi. Dopo questa parentesi autoreferenziale, prometto, tornerò a divagare sui miei argomenti. Thanks a lot.

MENO FUTURO E PIù FUTURO..

1975 e 2019

… nel senso che , più hai accumulato passato alle spalle e più pensi al futuro. Certo, lo fai in diversi modi, con diversi atteggiamenti e differenti prospettive, ma lo fai. Andando indietro, il massimo dello spingersi in avanti era quello delle prossime ferie, il prossimo Natale, l’eventuale nascita di un figlio, scadenze comunque quantificabili, ma proprio per queste raramente angoscianti o preoccupanti. Invece quando il tempo si accumula alle tue spalle, ci pensi eccome e le scadenze, vicine o meno, le aspetti con più senso di attesa. E non è per il conteggio finale, che sappiamo tutti, ci sarà e quindi è inutile aspettarlo. L’importante è fare nel tempo che c’è e se ci sono delle cose da compiere, facciamole. Diciamo che il classico “facciamo dopo quello che possiamo fare adesso” tipico della gioventù o comunque di periodi della vita con poche aspettative, più vai avanti e meno lo prendi in considerazione. Proprio perchè non l’hai fatto sinora, fallo. Da dove è partita questa osservazione, dal solito iPad? No questa volta no, John Hyatt seguito dal Liga non portano a queste riflessioni… Forse il guardarsi allo specchio dopo avere trovato una foto tessera di 45 anni fa e visualizzate le “lievi” differenze, fa pensare e rimatassare il filo di quello che si è fatto e non fatto in questo tratto di vita.
E quindi dirà qualcuno? Niente, solo il farlo notare dovrebbe far pensare che forse, le cose, sarebbe meglio farle prima.
Aspettare se c’è un motivo, ok, ma l’aspettare per aspettare pensando “tanto c’è tempo” non va bene. Anche senza pensare alle estreme conseguenze, ci sarà in futuro un momento in cui penserete “l’avessi fatto prima…” perchè è la Legge di Murphy, se deve capitare qualcosa, capiterà nel momento in cui non vuoi assolutamente che capiti…
Differenze tra le due foto? La persona è la stessa, continuo a mettermi Lacoste al posto delle camicie, i baffi a parte due tentativi in quaranta e passa anni, li ho sempre tenuti. La barba era biondastra e adesso è sempre -astra (però bianc..), la montatura degli occhiali (miope ero e miope sono) era Lozza allora e adesso è Pinco Pallino, il peso è cambiato più volte sul mio metro e 81, adesso sono quattro chili sopra il dovuto ma precedentemente è stato molto di più. I capelli? A parte una stempiatura ci sono, anche se per comodità li taglio quasi a zero. Il cervello? Funziona e se la memoria ogni tanto segue idee sue, la capacità di analizzare e trarre conclusioni è sicuramente migliore. Questo perché da giovani si parte in quarta, mentre adesso c’è più tempo e si riescono a valutare i pro e i contro.

Dubbio…

Oggi il vecchio iPod è solo di compagnia e non d’ispirazione, con Battisti che imperversa… In compenso il tema del giorno è ondivago: non so se continuare le storie del mio passato, decisamente abbondanti o parlare di qualcosa che mi fa arcuare la schiena come i gatti quando sono irritati… La tentazione è forte. Premessa: devo ringraziare il cielo di aver sposato una persona che sa “…far di conto”, cioè che fa quadrare i conti a fine mese, sennò questo blog proverrebbe da qualche cella o da sotto qualche ponte, vista la mia in-capacità di ottemperare a tutti i doveri finanziari che la vita civile ci impone.
Però, nonostante questa incapacità , avverto che c’è qualcosa di sbagliato in un certo tipo (purtroppo molto frequente oggi) di manager ai quali nemmeno io affiderei la spesa al supermarket, nonostante svariati Master in non si sa quale specialità economica.
La mia idea di bravo manager è quella di uno che sa far aumentare il prodotto/guadagno della azienda per il quale lavora, non che fa risultare il “+” dalla diminuzione delle spese (ovviamente sulla pelle di colleghi che poi sono costretti a lavorare in situazione di difficoltà operativa).
La saggezza popolare dice : poco e bene non vanno insieme. Ovvero se vuoi ottenere buoni risultati non puoi farlo senza spendere quello che serve per farlo. Se togli quello che occorre per ottenere un risultato e pretendi che questo venga ottenuto lo stesso, allora, Houston, abbiamo un problema… Certo che gli sprechi, in qualsiasi caso, vanno eliminati o limitati il più possibile, ma eliminare il necessario anziché il superfluo è la base sicura per creare problemi e non per risolverli. Poi se qualcuno mi fa vedere che aziende in cui il personale, a partire da chi fa le pulizie per arrivare a chi deve prendere decisioni, lavorano bene se sono sottopagati, sotto organico, sottostimati e motivati e tutto “sotto” rispetto alle necessità operative quale che sia il prodotto, allora, ricomincerò a credere a Babbo Natale, a BigFoot e ai politici onesti…

Due giorni di pausa…

A volte succede… Nonostante le buone intenzioni, che secondo il detto ne è pavimentato l’inferno, di essere presente quotidianamente sul blog, capitano dei giorni in cui fai dialetticamente cilecca.
Due giorni in cui sono sicuramente successe cose: uno dei (sempre più) rari matrimoni di parenti, perchè siamo sempre di meno… per esempio. Un’altro in cui ho scoperto che sto per tornare a fare il mio mestiere, il regista di eventi sportivi in esterna, e anche qui ci metto una parentesi e un forse, visto che strana tempora currunt, ma non so quanto strana… Ora ho raccattato idee, fatti, parole, opere e omissioni e torno a tediarvi con mucchi sparsi di tutto ciò. Sicuramente, per ora la cosa più emozionante è vedere una Fercioni sposarsi, visto che siamo come quelli della canzone del Hully Gully: se prima eravamo in dieci a ballare l’Hully Gully, adesso siamo in nove a ballare l’Hully Gully … e così via scalando.. Io poi sono uno con le lacrime in tasca, mi emoziono facilmente e sicuramente ieri lo sono stato e anche tanto.
Ambientazione : sala dei matrimoni civili nel Palazzo Reale in Piazza Duomo a Milano. Fuori pioviggine (ben augurante secondo la tradizione) e 10° scarsi, dentro tante persone e 20° in più. Secondo me lo fanno per facilitare la catena di montaggio dei matrimoni, visto che dentro uno, subito dopo un altro e così via tra un “può baciare la sposa e l’altro…”. Tanti volti cari che non vedevo da tempo, e qui il demonietto dell’emozione comincia a punzecchiare, e tanti meno conosciuti per il momento. Tradizionale tempo di attesa con sposi a espletare la parte burocratica delle varie firme che legalmente ti legano e poi l’ingresso della sposa con il padre: GianMaurizio Fercioni, il più famoso tatuatore italiano e uno dei più celebri scenografi europei ma sopratutto mio cugino paterno. Giusto per citare la cosa, ma non vi starò a fare la cronaca di un matrimonio: io la vivo come emozione, ma dubito che altri possano esserne coinvolti più di tanto. Così come mi emozionerà tornare ( se la cosa andrà in porto) sul ponte di comando di un esterna televisiva, vivendo quel mix di sensazioni che cresce con l’avvicinarsi della diretta, al suo culmine sul conteggio alla rovescia che ti arriva dalla sede di Milano e che sancisce l’inizio dell’evento in onda…
Una nota: alcuni colleghi dicono che ormai quando vanno in onda non provano più emozioni particolari… Se è vero, male e se non è vero, peggio. Ci sarà pure un motivo se quando finisci tutto, vai in albergo (o torni a casa) e non ti addormenti se non dopo un bel pò, tempo di scarico dell’adrenalina… Essere agitati no, ma la giusta tensione è essenziale, come in tutte le cose…